IVREA. Telecom è stata condannata a versare 1,1 milioni di euro (più gli interessi) ai familiari di una lavoratrice Olivetti, morta 11 anni fa di mesotelioma pleurico. La sentenza è stata emessa, ieri mattina, dal giudice del lavoro del tribunale civile di Ivrea ed è immediatamente esecutiva.
Questo significa che il colosso delle telecomunicazioni, chiamato come responsabile civile in quanto nel 2003 – dopo una complessa operazione di fusione per incorporazione prese sostanzialmente il controllo della storica società eporediese – dovrà versare subito il risarcimento, che tiene conto sia del danno patito dalla vittima, morta dopo tre anni di atroci sofferenze, sia dei danni subiti dal marito e dal figlio.
Lucia Delaurenti era morta a 64 anni il 1° novembre del 2005. Il suo lavoro era quello di “fare i tempi”, un’allenatrice, come si diceva all’Olivetti. Stava quattro o cinque mesi su una produzione per calcolare, appunto, quanto tempo servisse in ogni passaggio. «Indossava un grembiule nero che teneva in fabbrica – aveva ricordato il marito, anche lui dipendente Olivetti, nel processo penale di primo grado – e una volta alla settimana lo portava a casa perché era diventato bianco. Lo scuoteva fuori dalla lavatrice per eliminare la polvere». La polvere era malapolvere. Talco contaminato con tremolite di amianto: i rulli di gomma ne erano pieni per facilitare il montaggio delle macchine.
Stiamo parlando degli anni che vanno dal 1972 al 1976. Il luogo è lo stabilimento di Agliè. Lucia Delaurenti, in Olivetti dal 1960, si era ammalata nel 2002. Nell’ottobre di quell’anno la terribile diagnosi: mesotelioma pleurico. Il caso di Delaurenti era stato il primo a trascinare sul banco degli imputati i vertici dell’Olivetti. Nel 2010, il tribunale di Ivrea, dopo 7 udienze, aveva condannato a sei mesi, con l’accusa di omicidio colposo, Ottorino Beltrami, classe 1917, amministratore delegato di Olivetti dal 1970 al 1978. La condanna fu confermata in Appello, a Torino. Nell’agosto del 2013, in attesa del giudizio della Cassazione (fissato per il dicembre di quello stesso anno), Beltrami morì e il reato si estinse.
A quel punto il marito della donna, Giovanni Oberto, 80 anni, e il figlio Franco, di 51, avevano promosso una causa di lavoro al tribunale di Ivrea assistiti dalla Fiom Cgil. «Siamo soddisfatti per una sentenza che compensa l’esito del giudizio penale estinto – commenta l’avvocato Laura D’Amico – e che riconosce le ragioni dei familiari della lavoratrice vittima dell’amianto, incoraggia altri lavoratori e loro familiari colpiti da analoghi tragici eventi a rivendicare i loro diritti. È una prima risposta di giustizia verso la vittima e i suoi congiunti, dopo anni di attesa».
«La Fiom e la Cgil – commenta Federico Bellono, segretario provinciale – proseguiranno l’impegno al fianco dei lavoratori esposti all’amianto in Olivetti con lo Sportello salute da tempo attivo a Ivrea, con la presenza al processo di appello e agli ulteriori procedimenti analoghi oggi in fase di istruzione. Resta aperto il problema della bonifica dei siti Olivetti che andrà affrontato in primo luogo dagli enti locali che sono stati parte civile nel procedimento penale di primo grado e che immaginiamo lo saranno anche nei gradi di giudizio e nei procedimenti successivi».