SILVANA MOSSANO
Da quasi cent’anni si sa della correlazione tra esposizione all’amianto e tumori polmonari. In ambito scientifico, le segnalazioni di associazione tra l’esposizione alla fibra e le neoplasie polmonari iniziarono negli anni Trenta del Novecento, negli anni Quaranta si esplicitò l’associazione con il mesotelioma pleurico. Nel 1949, il Journal of the American Medical Association segnalò un’incidenza di tumore polmonare in pazienti asbestosici 14 volte superiore rispetto alla popolazione in generale.
E’ cominciata così, lunedì 6 dicembre, in Corte d’Assise a Novara, la relazione dei consulenti di parte civile Pietro Gino Barbieri, medico del lavoro, (già direttore del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’Asl di Brescia e responsabile del Registro Mesoteliomi Maligni della Provincia di Brescia, autore di numerose pubblicazioni e ctu soprattutto per la procura in diversi processi) e Mauro Giulio Papotti, anatomopatologo di fama internazionale (professore ordinario di Anatomia patologica dell’Università di Torino e direttore dell’Anatomia patologica delle Molinette).
Barbieri e Papotti hanno ricevuto incarico dai legali Laura D’Amico, Maurizio Riverditi, Esther Gatti, Paolo Liedholm e Enrico Brunoldi di esaminare 30 casi (tra i 392 indicati nel capo di imputazione del processo Eternit Bis) di persone morte di mesotelioma e i cui famigliari si sono costituiti parte civile. L’analisi minuziosa di ogni storia – valutata attraverso la documentazione sanitaria e le condizioni di esposizione – ha di fatto confermato in toto le conclusioni dei consulenti della procura già illustrate al processo nelle passate udienze: tutti sono morti a causa del mesotelioma.
LA «TEMPESTA» DI WAGNER
Dunque: che l’amianto provochi il cancro all’apparato respiratorio è cosa nota da molti decenni. «Lo studio di Chris Wagner del 1960 – ha spiegato il professor Barbieri – è considerato il primo che abbia inequivocabilmente evidenziato l’associazione tra amianto e mesotelioma maligno». E’ di forte impatto lo stralcio di un virgolettato dello scienziato Robert Murray letto in aula: il lavoro di Wagner «colpì il mondo scientifico con la forza di una tempesta, e ovunque si cercasse il mesotelioma ben presto lo si trovava, soprattutto nelle zone dove erano localizzati cantieri navali o manifatture di asbesto che avevano utilizzato l’amianto blu». Lo stabilimento Eternit di Casale, attivo tra il 1907 e il 1986, impiegò abbondantemente l’amianto blu (crocidolite) soprattutto per costruire tubi di grandi dimensioni.
Successivamente, al pluricitato Simposio internazionale dell’Accademia delle Scienze di New York che si tenne nel 1964 per iniziativa di Irving Selikoff e Jacob Churg, si sancì non soltanto che l’amianto causa il cancro al polmone e il mesotelioma della pleura e del peritoneo, ma anche che il rischio di ammalarsi di mesotelioma è presente tanto nei lavoratori quanto nelle popolazioni esposte alla fibra diffusa nell’aria contaminata nei dintorni dei siti industriali in cui l’amianto era impiegato nel ciclo produttivo.
Il professor Enrico Vigliani (il più autorevole medico del lavoro italiano, direttore della clinica del lavoro di Milano e più volte presidente della Società italiana di Medicina del lavoro) e il professor Giacomo Mottura (anatomopatologo di fama mondiale, studioso delle pneumoconiosi) presentarono allo stesso Simposio la casistica di mesoteliomi in Piemonte, Liguria e Lombardia tra il 1943 e il 1964: 172 decessi per malattie causate da amianto indennizzati dall’Inail.
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